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Colori

Roma, Maglione e Strini, 1923

La razza. Frammento di recentissima storia

Romolo Riccardo Lecis

pp. 174-175
E la vegetazione è ricca. Varia, poderosa ovunque! Qui gli impareggiabili versi di Orazio:
"Qua pinus ingens albaque populus
Umbram hospitalem consociare amant
Ramis et obliquo laborat
Lympha fugax trepidare rivo"
si avverano a meraviglia, e l’ipercritico non ha nulla a ridire!...
Ed invero vedi insieme la quercia gigantesca e il pino e il pioppo e l’eucaliptus gigante: il castagno, l’ulivo capriccioso selvaggio, l’ontano, l’olmo, il ginepro, l’arancio, il cedro, la palma altissima, il fico d’India, cactus incessante, secolare, con mille fusti su mille fusti, il lentischio, l’oleandro fiorito, e il corbezzolo con le coccole come gocciole di sangue, mirto, sparto, ferula, roveri e pruni d’ogni sorta: la canna palustre pennacchiuta, ortacei di ogni specie: carrubi, mandorli e frutteti; una vegetazione di un verde cupo quasi nereggiante corre in ogni senso ed in ogni verso dal mare al piano, dal colle al monte: ogni roccia è inghirlandata, ogni crepa di sasso e di macigno ha un ciuffo di verde.

colori, flora e fauna, riferimenti letterari

pp. 186-187
Non vestiva la casacca, la mastruca pelosa che quasi tutti i pastori portano sulla montagna al caldo e al gelo per rigorosa osservanza di quel costume a cui, già prima di muover passo, ogni nuovo nato pare faccia tacitamente giuramento. Egli dunque doveva essersi tolta la mastruca nel riposo e averla deposta da un lato con la bisaccia, col sacco e con la verga. […]
I calzoni bianchi, ad ampi sbuffi, che gli ricadevano in mille pieghe sull’esile ginocchio, spiccavano in contrasto superbo di contro al nero lucido del copripetto di velluto trapuntato di seta da ignota fine mano paziente. Gli brillavano sul largo petto di giovanile atleta, percossi dai raggi del sole erompenti di tra il fitto dell’alte querce, i bottoni d’argento disposti in lunga fila al lato manco. E le gambe strette e affusolate in is carzas de tresidenti avevano non so che di eleganza signorile e civettuola nel loro garbo e nella loro forma così schietta, ad un tempo non so che di sveltezza presta, vivace e impaziente, e, infine, nascosta, quella forza miracolosa che alla corsa, alla lotta e alla fatica fa duri come acciaio i muscoli delle gambe stesse e dei garretti.

colori, costumi, lingua

p. 202
Ai piedi di Marco Ersini il verde di una piccola conca pianeggiante e vezzosa si faceva più chiaro. D’intorno sempre il grigiore cupo delle macchie, della foresta e delle balze, penetrate per ogni dove da vive occhiate di sole; qua e là il filo bianco e l’acrocoro di un granito chiazzato di giallo sporco di calcina, opera superflua di uccelli silvestri sparsi in quell’ora lontano a liberarsi negli spazî più liberi dell’aria; poi il colore ferrugigno di un dirupo orrido, terribile, meravigliosamente bello dei suoi fascini più violenti; poi i bagliori argentei delle pietre sparse per ogni china, per ogni erta, per ogni conca e ogni avvallamento del terreno montuoso, e ancora il colore fosco di mille sterpi abbracciati in un groviglio, già in punto d’intristire…. Infine la trasparenza pallida di miriadi di foglioline nascenti, a dispetto dell’ottobre, su cespi di fiori selvatici non anche risecchiti o morienti.

colori, flora e fauna

pp. 236-237
Myriam passò allora con la padrona a visitare la piccola cappella di famiglia, ch’era ben la prima cosa a vedersi. Attraversarono parte della loggia, salirono per una scaletta. La divota massaia disse, mentre precedeva la sua ospite, con accento commosso:
"È umile la mia cappella, ma di più caro non v’è per me nulla, in questa casa, tante son le grazie che ho sempre impetrate ed ottenute dalla Madonna! La mia Madonna! M’ha salvato Antoneddu da morte certa, in quest’inverno ultimo che ci mise addosso il freddo a tutti, ci mise… Un inverno gelato senza una giornata di buono! E lui che pareva non dovesse più levarsi da letto, Madonna Santa! Ma m’ha fatto la grazia, m’ha fatto, Nostra Signora, ed ora per me quella nicchia è come il luogo dei miracoli!".
Giunte, la buona donna spinse una porticina che si aprì senza rumore. Entrarono. Era un sacello pieno di santità, di devozione, raccolto: una stanzetta quasi triangolare, un po’ bassa, con le volte imbiancate di fresco, illuminata per una piccola finestra velata di tendine gialle. Appena s’entrava si scorgeva, di fronte, un gran crocifisso d’avorio, ai lati – discosti – due quadri, e sotto ciascun d’essi una lampada a olio d’uliva. Anche vi stava, d’accanto, un vaso di fiori selvatici: fiori gialli, rossi, bianchi commisti, ma inodori.
Doveva apparire, certo, piena di un fascino insolito, a Myriam, in quell’ora di silenzio, la vita di quella casa di campagna segregata dal mondo… Era divenuta pensosa, lei. E forse rifletteva che è anche bella una vita semplice in un’umile dimora dove si sente veramente profondo l’amore supremo di Dio, la poesia della carità e del bene: dove ogni nobile sentimento umano nella pura solitudine si rafforza e si sublima maggiormente, e tutta la fatica è spesa per una famigliuola da educare al sobrio lavoro dei campi, alla più sana pratica del dovere, all’illibatezza dei costumi.
Questo, ed altro, forse, di religiosamente austero ed alto passava per lo spirito di Myriam, mentre ella genufletteva la propria anima, divotamente, innanzi alla Croce…
Quando uscirono da quella cappella le donne parevano come commosse da una voce di carità divina.

colori, religiosità

p. 262
Non è ancora sorto il sole ma è presso a sorgere.
Finalmente un pulviscolo d’oro all’oriente che palpita e s’accende improvvisamente di una luce rosata: è un attimo; poi i primi due, tre raggi con i colori smaglianti dell’iride, poi un fascio di raggi d’oro, uno sprazzo d’oro che si frange sulla cresta solitaria e pittoresca del monte altissimo: un attimo ancora; poi un giubilo di luce: il sole appare maestoso e folgorante e lo splendore immenso si diffonde per la vastità serena dell’orizzonte.

colori, geografia

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