Colori
Roma, Mondadori, 1945
Il diavolo fra i pastori
Francesco Fancello "Brundu"
p. 26
Quand’ecco apparire una personcina nera, inconfondibile, e il cuore battere a tumulto. L’orto dei Boille si affacciava sulla valle dal ciglio di un alto dirupo e i gesti della donna si stagliavano netti sull’azzurro.
pp. 72-73
Sospingendo il suo mal congegnato trabiccolo, fra slittamenti e bordate, faceva il suo ingresso nella piazza Saturnino Bonagente. Era più ubriaco del solito, ma riuscì bene o male a raggiungere la facciata della casa comunale, infisse qualche chiodo nel muro e vi appiccò due o tra orologi grossi come cipolle, poi trasse dal sacco alcune spropositate coltella e si mise ad arrotarle d’impegno…. Alto, legnoso ma accesissimo in volto, di pel rosso che malgrado l’età si difendeva dalla canizie, con occhietti sfuggenti e maligni, Saturnino aveva un aspetto inquietante. Orologiaio ed arrotino a tempo perso, era circondato da un alone di pessima fama, quale uomo non di sfide ma di agguati. Dicevano che avesse sulla coscienza più di una pelle di cristiano, e che a lui ancora si rivolgesse chiunque cercasse un sicario.
p. 101
Tanto è vero che i soli momenti di pienezza eran stati quelli nei quali aveva riscoperto motivi ormai dimenticati nei recessi della memoria, come quando in una delle sue prime gite campestri si era trovato davanti al sughereto della tanca grande scortecciato di fresco: di fronte all’oro del pascolo disseccato, i tronchi rosso sangue come spellati vivi gli avevano dato lo stesso brivido che sempre lo assillava fanciullo. S’intende che la coscienza tecnica dell’agricoltore aveva immediatamente ristabilito il significato utilitario della macabra scena.
p. 174
Il povero marito, ogni giorno, tornando di campagna quasi disfatto dalla fatica, se ne andava solo in chiesa. In chiesa non c'erano che poche donne ammantate di nero. Egli s’inginocchiava davanti alla statua di Nostra Signora, che aveva gli occhi stinti ma le labbra di un intenso scarlatto, e chiedeva piangendo soccorso. La domenica dietro l’altare, il suo falsetto si levava altissimo tra le voci gravi dei vecchioni in occhiali che cantavano l’antifona durante la Messa grande, e i fedeli non avrebbero mai immaginato perché il pover’uomo, mentre lanciava le sue note più acute, si levava in punta di piedi: gli pareva d’avvicninarsi alla Corte celeste e di commuovere il cuore del Padre. Ahimè, Nostra Signora non gli faceva la grazia, il padre Nostro non si muoveva a pietà.
Roma, Maglione e Strini, 1923
La razza. Frammento di recentissima storia
Romolo Riccardo Lecis
p. 36
Ed i ricordi dei primi tempi della fanciullezza vennero a lui nella luce di un’alba che imbianca dietro una distesa di gigli, così vivi gli tornavano! Era l’espansione di una grazia!