Gente
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Desś
p. 200
Tutti i bambini del vicinato andarono a vedere, e stavano a guardarlo ammirati dietro le sbarre del cancelletto di legno, sotto la vigilanza di Valentina.
p. 207
La gente si era raccolta sul fiume e nei cortili delle case vicine, risalì il greto sassoso, sbucò dai vicoli e dai cancelli e cominciò a scorrere lenta per la discesa. […] Quella folla eterogenea e compatta offriva a Valentina l’ultimo tributo d’affetto; esprimeva la propria solidarietà alla disperazione di Angelo con un senso di silenziosa ribellione e di accorata protesta. […] Per questo il paese l’aveva pianta. Angelo aveva sentito negli altri il proprio dolore; poi tutto era finito come nella manifestazione esteriore di un rito.
p. 208
Renato Granieri, che era diventato un po’ il capo dopo la morto di Àntola, specie dopo l’incendio, ed era anche un poco suo amico, lo aveva guardato col duro viso impassibile e dando un’occhiata di sbieco al soffitto aveva detto: «Dio boia!». La gente intorno si era affrettata a segnarsi. Ma quella bestemmia, tante volte udita in bocca ai toscani, quella volta gli sembrò diversa: la sentì più sincera, più giusta di una preghiera.
p. 208
La gente intorno si era affrettata a segnarsi. Ma quella bestemmia, tante volte udita in bocca ai toscani, quella volta gli sembrò diversa: la sentì più sincera, più giusta di una preghiera. […] A Norbio, paese di gente semplice ma non remissiva e sottomessa, il suicidio era sempre stato abbastanza frequente.
p. 220
I più poveri a Norbio, quelli che non avevano altro che le proprie mani, un pennato, la scure e il coltello da tasca, fabbricavano carbone da innumerevoli generazioni.