Colori
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 77
Dalla folla si levava un brusio di voci che si confondeva con il rombo del torrente; ma al di sopra di tutti i rumori si alzavano acute voci di donna che dalle case chiamavano i bambini e l’aria era piena di nomi freschi che la percorrevano come fringuelli, entro la cortina di pioggia color fango.
p. 78
Levò alcune camicie, un rotolo di colletti inamidati, una veste da camera di seta, poi affondò la mano a sinistra, da dove estrasse un pacco di candelotti di dinamite avvolti in una carta gialla oleata.
p. 84
ldquo;«Sì» egli disse pulendo accuratamente col fazzoletto gli occhiali montati in acciaio che gli lasciavano sul naso un segno rosso come una cicatrice.
pp. 84-85
Se pensava a Balanotti non vedeva più gli olivi carichi di frutti preziosi, ma quei vermetti bianchi che avevano distrutto e avrebbero continuato a distruggere la loro modesta ricchezza.
p. 86
Teneva i piedi, calzati di pantofole di velluto verde, raccolti sotto di sé e appoggiati col tacco alla traversa, gli occhi attenti alla lancetta che tremava sul quadrante bianco e pareva tutta tesa nello sforzo di raggiungere a ogni colpo di pistone il puntino rosso che segnava il limite massimo; ma quando la lancetta era lì lì per raggiungerlo, la ragazza allungava la mano e apriva la chiavetta della valvola. Non si era accorta di Angelo, benché i frantoiani lo avessero salutato a gran voce ed egli si stesse avvicinando a lei con gli scarponi chiodati che cigolavano sull’impiantito di pietra grigia: stava attentissima, strizzando gli occhi e serrando le labbra, come se dal manometro dipendesse la salvezza del mondo.