Colori
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
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Passarono davanti alla fonderia, che da qualche tempo aveva ripreso a funzionare e sporcava il grigio cielo autunnale con la fumata fuligginosa della sua ciminiera che si rovesciava sugli orti di Leni.
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A zio Raimondo sembrava di veder accanto al cavallo bianco l’ombra corrucciata di Don Francesco Fulgheri, il quale non gli avrebbe certo permesso di seminare a quel modo
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Zio Raimondo lo mise da parte ridendo con i suoi denti forti e bianchi. Arrivato al limite del campo, senza nessuno sforzo sollevava il pesante aratro, estraeva il vomero lucente dalla terra bruna e subito lo affondava accanto al solco appena finito per aprirne un altro parallelo.
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Vide il vecchio fermarsi, guardare l’orologio da tasca, staccare dall’aratro il cavallo, e nello stesso tempo, udì, lontanissimo, il rintocco allegro delle campane di Norbio, che era una macchia chiara ai piedi delle brulle montagne.
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Il sole lumeggiava nel cielo grigio, i pochi alberi rinsecchiti attorno alla sorgente fumigante non avevano ombra; ma il ragazzo si accorse lo stesso quando fu mezzogiorno.