Colori
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 13
La lunga penna d’oca svettava dalla spalla destra dell’avvocato e Angelo cercava di sincronizzare il tremolio del suo bianchissimo pennacchio con lo stridere della punta sulla carta ruvida e giallastra che non riusciva a vedere
p. 14
Aveva riconosciuto il lungo passo del mandriano Gerolamo Sanna, un uomo alto quasi due metri, magro, allampanato, che portava stivali speronati e un buffo berrettino nero in cima alla testa. Il vaccaro aveva due baffetti, bianchi come il pennacchio della penna d’oca e le sopracciglia pure candide. Anche i capelli erano bianchi e leggeri, mentre il viso era rosso e lustro come la cotenna di un porchetto arrostito.
pp. 14-15
Lo vide trascinar fuori del porticato il leggero calesse, fare uscir dalla stalla Zurito dopo avergli messo la capezza, spazzolare il suo lucido mantello, togliergli dalla coda e dalla criniera qualche filo di paglia, poi gettargli addosso i finimenti guerniti di feltro giallo e di borchie di ottone, costringerlo a mettersi giusto tra le stanghe sottili e ricurve del calesse.
p. 15
Lo vide prendere nel palmo della mano un po’ di polvere nera, e farla scivolare nella lunga canna, poi metterci su lo stoppaccio e pigiarlo ben bene con la bacchetta.
p. 17
Si levò la giacca nera di taglio antiquato, che di solito portava in paese, indossò un’ampia e comoda cacciatora di velluto a coste, si infilò nella cintura le due pistole da sella, mise a tracolla il fucile, tese ad Angelo la borsa da caccia e tutti e due, vecchio e bambino, uscirono dallo studio.