Colori
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 867
Di là vide zio Berte montare a cavallo e avviarsi verso Nuoro: tutto intorno nella tanca era quieto; l'armento pascolava, le vacche grigie immobili fra l'erba, sullo sfondo azzurro fra un sovero e l'altro, sembravano di roccia: i fischi delle gazze che imitavano quelli dei merli correvano come fili d'argento nel silenzio del bosco, e il fumo saliva dritto dalla casa colonica spandendosi in alto simile ad un grande fiore d'avena.
p. 868
I monti svaporavano all'orizzonte, ancora rossi ma coperti da un velo di cenere: la luna spuntava bianca sopra l'Orthobene, e tutto per l'immensità era pace.
p. 868
Il prete era giovine, forte: nero in viso, con le labbra grosse e i denti bianchi, avvolto nel suo mantello lucido e con una piccola papalina invece del tricorno, pareva un prete abissino.
pp. 868-869
I boschi dietro di lei, con le loro grandi ondulazioni verdi davano l'impressione del mare; ai piedi le si stendeva la pianura, ancora verde e azzurra al crepuscolo, coi muriccioli, le rocce, le macchie fiorite.
p. 870
Tutto c'era: poteva essere un banchetto da sposi. Il gattino lo seguiva passo passo, sfregandosi contro la ghetta d'orbace la cui lieve asprezza gli riempiva di voluttà i grandi occhi verdi: d'un tratto però stridette e balzò lontano. Il padrone gli aveva pestato una zampetta.