Gente
Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 109
Si udivano grida fin dallo stradone mentre la gente era attorno ai tavoli rischiarati dai lumi ad acetilene o da lampade a olio, che ogni tanto bisognava smoccolare.
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Quelli di Parte d’Ispi, che ora aveva davanti agli occhi quasi a portata di mano, con le loro curve molli, quasi umane, non avevano niente in comune con le Alpi, ma erano pur sempre monti, e in qualche modo condizionavano l’ambiente circostante, la vita degli abitanti, e più ancora l’avevano condizionata in passato quand’erano ricoperti di folte foreste. Gli abitanti di Norbio, per quanto nulla avessero a che fare con gli abitanti del Piemonte o della Savoia, erano pur sempre montanari, e dei monti si portavano addosso l’odore – quell’odore di fumo di legna, di erbe secche bagnate dalle piogge del lungo autunno; e lui li amava.
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Fermo sulla strada deserta, respirava l’aria pura della notte e ascoltava le voci confuse avvinazzate e rauche dell’osteria, tra le quali distingueva assai bene quelle di accento toscano dei carbonai di Àntola. Erano una decina di giovani vigorosi, molto diversi dalla gente di Norbio e dagli isolani in genere.
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laquo;Non crederà davvero di fronteggiare una folla di pastori sardi col suo bastone o con la sua pistola» ridacchiò l’ingegnere. «Stia attento, per lei e per i suoi uomini, non provocate questa gente; e poi, non sono disposto a sopportare irregolarità, d’ora in avanti».
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Il significato del cambiamento del nome non era ben chiaro agli abitanti di Norbio, ma tutti, a dispetto della diffidenza innata per ogni cambiamento specie quando veniva proposto «dall’alto», erano contenti come quando si indossa un vestito nuovo.