Colori
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 788
Di qua tutto era triste nella desolazione della brughiera che si arrampicava fino alle falde delle collinette brune. Sulle alture sorgeva qualche stazzo: casette grigie o imbiancate con la calce, in mezzo a recinti di lentischio o di fichi d'India, silenziose e come abbandonate. Una di queste, fra due piccole valli rocciose sopra un ciglione rafforzato da muri a secco, bianca e dritta come un piccolo castello, era la casa del prete.
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Intorno al piazzaletto della casa l'erba cresceva alta, e sulle foglie azzurrognole dei fichi d'India già si aprivano i fiori d'oro.
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Erano arrivati ad una regione strana, melanconica; il mare era scomparso all'orizzonte e oltre la brughiera, a sinistra verso l'interno dell'isola, sorgeva una catena di colline nerastre dentellate come scogli, ma fra un dente e l'altro s'affacciavano cime azzurre di monti lontani che lasciavano dietro la muraglia scura un paese più vago e fresco.
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La casa era deserta, disabitata: anche i mobili erano stati portati via, e solo nella cucina intorno al focolare di pietra ove biancheggiava un mucchio di cenere, due vecchi sgabelli neri pareva aspettassero tristi ma fermi il terribile avvenimento che aveva costretto i padroni ad esulare.
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La nebbia velava le notti già lunghe e il monte Orthobene fumava di continuo, sull'orizzonte dietro il cortile di Marianna: pareva che le rocce stesse si sciogliessero in vapori grigi; e anche il cuore di Marianna si disfaceva di tristezza.