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Gente

Milano, Mondadori, 1972

Paese d'ombre

Giuseppe Dessì

p. 76
E così fu decisa la costruzione del ponte di legno che, oltre a permettere la normale ripresa della vita a Norbio, in quel frangente, indicò il punto preciso in cui, in futuro, un ponte stabile di ferro sarebbe stato costruito, quel ponte che ancora oggi esiste e si chiama ponte Ferraris, in memoria del forestiero che mise la propria esperienza al servizio della popolazione di Norbio la quale, da sempre, era avvezza ad aspettarsi dai forestieri soltanto soprusi. […] Nessuno di quelli che lo guardavano lavorare con l’acqua fino al petto, trasportare travi e ancorarle al greto, poteva immaginare che il suo slancio fosse dovuto a resipiscenza, alla reazione che aveva provocato in lui la faccia di quella gente che era diventata italiana senza nemmeno sospettarlo e senza migliorare minimamente la propria condizione di eterni «vassalli».

gente

p. 77
Ci passarono, per gioco, anche i bambini, ci passarono cani che cercavano i loro padroni annusando l’aria, ci passò l’arciprete, che volle stringere la mano all’ingegnere e ringraziarlo a nome di tutta la comunità.

flora e fauna, gente

p. 77
Ci passarono, per gioco, anche i bambini, ci passarono cani che cercavano i loro padroni annusando l’aria, ci passò l’arciprete, che volle stringere la mano all’ingegnere e ringraziarlo a nome di tutta la comunità.

flora e fauna, gente

p. 103
Quelli di Parte d’Ispi, che ora aveva davanti agli occhi quasi a portata di mano, con le loro curve molli, quasi umane, non avevano niente in comune con le Alpi, ma erano pur sempre monti, e in qualche modo condizionavano l’ambiente circostante, la vita degli abitanti, e più ancora l’avevano condizionata in passato quand’erano ricoperti di folte foreste. Gli abitanti di Norbio, per quanto nulla avessero a che fare con gli abitanti del Piemonte o della Savoia, erano pur sempre montanari, e dei monti si portavano addosso l’odore – quell’odore di fumo di legna, di erbe secche bagnate dalle piogge del lungo autunno; e lui li amava.

gente, geografia

p. 103
La miseria della gente non era grande e intollerabile come quella di quasi tutti gli altri paesi di Parte d’Ispi. A Norbio, anche i più poveri, allevavano almeno un maiale che nutrivano di fichidindia delle siepi o con ghiande; e chi riusciva a mettere assieme un branco, lo portava a pascolare nel bosco, dove chiunque poteva fare legna. I poveri raccoglievano rami secchi, si dividevano gli alberi morti. Così anche nella più misera casa di mattoni crudi non mancava il fuoco nelle rigide notti invernali, né un piatto di minestra condita con un pezzo di lardo.

costumi, gente

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