Colori
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
p. 19
- Ma ridiventerai nero -, disse Mattia. - Da domani cominciamo a trottare verso l'ovile, non è vero, fratello mio?
- Ch'egli sia bianco o nero poco importa -, disse Pietro. - Lasciate queste sciocchezze, lasciategli raccontare quello che raccontava.
p. 21
- Ne vedrà bene dell'aria!-, rispose un parente.
- Quel suo volto di ragazza diventerà nero come la polvere da sparo.
p. 22
- Sicuro che sono allegro. Cosa ne dici, tu? Non devo essere allegro? Non lo vedi il colombo? È ritornato al nido. È bianco come un giglio. E belle storie ne sa raccontare, ora. Arrita Scada, sentito hai? Siamo una famiglia, una casa di uomini, noi: e diglielo a tua figlia, che essa sposerà un fiore, non una immondezza.
p. 22
Ma finalmente Pietro riusciva a farsi intendere, e stavano per uscire, quando sopraggiunse la futura suocera, una vedova magra, alta e rigida, col viso terreo avvolto in una benda nera: la accompagnavano i suoi due più giovani figli, una fanciulla ed un giovinetto già pieno di boria.
p. 27
Confuse visioni cominciarono a ondeggiargli davanti alla fantasia: ricordava sempre l'ovile, la tanca coperta di fieno altissimo, e vedeva le pecore, ingrossate dal lungo vello, sparpagliate qua e là tra il verde della pastura; ma queste pecore avevano visi umani, i visi cioè dei suoi compagni di sventura. E provava un'angoscia indefinibile. Forse era il vino che fermentandogli nel sangue gli causava un po' di febbre.