Cagliari, Centro di Studi Filologici Sardi / Cuec, 2007
La bella di Cabras
Enrico Costa
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Il nostro sommo storico Fara, parlando dello stagno di Mare-Pontis, lo dice frequentato da moltissimi cigni, uccelli sacri a Venere, come i passeri e le colombe. [...]
Lasciando insoluta la questione, mi piace constatare che le belle figlie di Cabras – come le poetiche rondini – vivono nei loro nidi di fango.
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Per quelle vie larghe, grigie, tortuose, senza lastrico né ciottoli – sotto ad un cielo splendido e ad un sole cocente – si vedono non di rado donne brutte; [...] Queste mosche bianche – siamo giusti – potrebbero in gran parte dar ragione alla tradizione, e provare, che la razza delle cabrarisse abbia realmente degenerato, forse per le troppe visite che ha ricevuto il paese dai cittadini oristanesi, là guidati dalla buona stella che guidò in Oriente i tre re magi.
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Altra prova del trasformismo di razza si ha in questo: che gli occhi azzurri, posseduti in origine dalle cabrarisse, vanno ogni giorno diminuendo, col diventar nerissimi, come quelli delle altre donne del Campidano.
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Al fonte battesimale aveva ricevuto il nome di Maria Rosa, poiché in Sardegna i doppi nomi sono quasi una necessità.
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Disse, che, siccome l'anno prima (per la legge Casati del 59) eransi cambiati i nomi delle diverse classi di Grammatica, Rettorica e Filosofia, in quelli recenti di Ginnasio e Liceo, allo stesso modo, prima del 50, le classi venivano chiamate Formazioni, Rudimenti, Generi, Sintassi, Umanità e Retorica.