Cagliari, Tipografia del Corriere di Sardegna, 1875
Violetta del Goceano. Romanzo contemporaneo
Marcello Cossu
p. 113
Ove l'azzurro splende limpidissimo abbarbagliante?
p. 113
Sei pur bello, mio sardo cielo!... L'animo sdegnoso di Tullio ti chiamò un giorno ingiustamente maligno.... nè per volger di secoli, la tua fama oltraggiata, s'è potuta riparare presso l'opinione degli uomini... Coloro che mai ti videro e che solo nutrono per te l'apatia ed il dileggio, per tale ti reputano tuttavia, e ti corrispondono incessantemente collo snaturato abbandono.
pp. 114-115
E primo mi colpì agli occhi l'immenso vallone del Goceano, solcato dal sardo amazzone, il Tirso che scende gorgogliando, impinguendo le vicine campagne e porgendo abbondante pesca di trote d'anguille e finchè metta nel mare – e frastagliato dai suoi villaggetti, più o meno discosti l'uno dall'altro.
p. 114
Il sole coi suoi languidi raggi illuminava la natura d'una fievole luce, che gratamente si sposava al colore dei pampini e alle foglie cadenti degli alberi. La campagna sorrideva d'un tal melanconico sorriso; e mentre porgeva all'uomo gli ultimi suoi doni, si disponeva con serena mestizia ricevere dal crudo inverno i ferali suoi lenzuoli di neve.
p. 114
Talvolta l'usignolo snodava il canto; ma i suoi gorgheggi, non più lieti, non più giocondi, sembravano gli accordi del liuto che accompagni il canto d'una catastrofe d'amore... In quella vece gracchiavano i corvi noiosamente, fendendo l'aer colle loro lugubri ali... Il zeffiretto, che pur solea cortese scherzare tra fronda e fronda, e vezzeggiare col suo amorevole sussurro i frutti, le foglie e i fiorellini ora è divenuto sgarbato, crudele; spoglia ogni pianta, ogni cespo dei loro più belli ornamenti.