Lanusei, Tipografia Sociale, 1885
Ritedda di Baricau
Marcello Cossu
pp. 96-97
Appresso, Giorgio diè di piglio ad un capretto, lo scorticò, lo squartò, e infilzatolo in uno schidione, ordino a Vissenteddu di rosolarlo. Provavano entrambi una fame da lupi! Quel capretto, con qualche tortello di pane di ghiande erano destinati per la loro cena.
p. 97
Giorgio tolse la sua buona lama di Guspini, l'aguzzò con l'acciarino e fece in brani l'opima spoglia.
p. 97
In questo momento Traitore, il grosso cane da guardia, che stava sul limitare della capanna, in attesa anch'esso della sua porzione di cena, si rizzò in gambe ringhioso e triste.
p. 98
Dopo di che, i manigoldi sedettero; e nella più espansiva allegria, divorarono il capretto; indi se ne andarono pei fatti loro.
p. 100
Questa vita terrena è quasi un prato, Che 'l serpente traì i fiori e l'erba giace; E s'alcuna sua vista a gli occhi piace, E' per lassar pià l'animo invescato.
PETRARCA