Lanusei, Tipografia Sociale, 1885
Ritedda di Baricau
Marcello Cossu
p. 77
Questi, rientrato in casa di zio Vissenteddu, poco dopo montava a cavallo e partiva alla volta di Cagliari, per incominciare il suo militare servizio.
p. 78
Oh! Meglio d'un razzo che vola per aria, o di quattro cocchi che girano, o di due cavalli impauriti che fuggono; Oh! Meglio d'assai lo spettacolo aperto della natura; oh! Meglio assai d'una moltitudine oziosa, il vasto teatro delle montagne coronate di boschi, il rumore dei torrenti che precipitano a valle, il canto solitario del mandriano, che guidando l'armento, sé stesso ascolta; oh! Meglio i prati, le selve, il cielo e le mille feste della sempre varia natura!
p. 78
Va in le valli de' tristi roveti, Su pe' greppi ove salta il camoscio, Giù per balze ingombrate d'abeti Che la frana da' gioghi rapi.
pp. 79-80
Appena Vissenteddu usci dall'infanzia, Bernardo curò che il suo figliuolo frequentasse la scuola del paese. Egli voleva fare di suo figlio un uomo da studi – disposizione rara e insieme lodevole nei genitori di quel tempo – e per cui non avrebbe risparmiato molestie né danaro. Ma sventuratamente, Vissenteddu non rispondeva alle brame del padre, il quale avrebbe desiderato che suo figlio fin da bambino andasse sollecito alla scuola, v'imparasse le lezioni del maestro e divenisse lo specchio dei suoi piccoli compagni. Visseanteddu, al contrario, marinava spesso la scuola.
p. 80
Di natura svegliata e irrequieta, Vissenteddu preferiva correr pei campi per darla caccia alle farfalle, salire sui colli, sugli alberi a snidare gli uccelli, saltellare, ruzzolare sul prato come un torello, far la sassaiuola coi compagni, e abboriva i libri, la scuola e il maestro.