Lanusei, Tipografia Sociale, 1885
Ritedda di Baricau
Marcello Cossu
p. 59
In quell'ora splendeva il melanconico raggio della luna dietro un sottil velo di nubi, da cui non era tolto che la stella sacra a Citerea si coronasse anch'essa della propizia sua luce. Ardevano le Pleiadi di tutte le loro faville, e sopra le ruote di fuoco, inoltravasi il carro di Boote per le silenziose vie della notte.
pp. 61-62
Erano le canicole. Il sollione co' suoi raggi infuocati le irte rupi di granito, da cui proveniva un intollerabile riverbero. Si stava a disagio da per tutto, e si aspettava con ansietà il refrigerio della notte. Allora ognuno sbuccava di casa a far la siesta sul vestibolo; oppure usciva fuori paese a godere il frescolino.
p. 61
In quella sera, a detta di Giovannino, a nostra appetitosa conoscenza, si era fatta una cenetta in campagna, dove si erano mangiati i maccheroni al sugo dei pomidoro, primizie degli orti di Tortolì, innaffiati copiosamente ( non gli orti, ma i maccheroni) col classico vino d'Ogliastra.
p. 61
Voi che salite questo verde monte E il silenzio cercate Dov'è più folto il bosco e chiaro il fonte, Anime innamorate, Pietà di me!
L. STECCHETTI
pp. 62-63
Era precisamente la notte del primo Agosto. In quella notte, accade a Lanusei una scena originale, che io non riscontrai in nessun altra regione dell'isola. E' per vero dire, una scena che fomenta lo scandalo e l'attrito fra le famiglie; una usanza barbara, che io, quanto so e posso, raccomando a' miei buoni amici di Lanusei, mettano da una buona volta in disuso. Trattasi che una baraonda di giovinastri, menati naturalmente dal fiore della gioventù cittadina, nella notte di Ferragosto, arrampicatasi pei dossi delle adiacenti colline, o sugli alberi, o per le rupi, annunzia con quanto ne ha in gola, urbis et orbis, e in modo da udirsi per ogni angolo della città, i prossimi maritaggi, gli amori clandestini, le tresche amorose, i passi falsi.... e tutto quanto possa tornar pregiudicevole in così delicata materia; con quanta turbamento delle povere vergini, ognun sè lo pensi; che si vedono fatti segno ai più plateali discorsi della plebe, spesso esagerata ed ingiusta nelle sue argomentazioni.