Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 328
laquo;Troppe cose vuoi fare, troppe cose» aveva detto il senatore quando aveva saputo del progetto di rimboschimento dei contrafforti del Linas.
pp. 328-329
Ma gli alberi, per fortuna, durano di più, pensava, associandoli inconsciamente all’idea della durata che lega generazione a generazione: pensava ai giganteschi olivi ultracentenari di Balanotti e alla magnolia che ombreggiava il lavatoio pubblico.
p. 328
Lui li capiva, e pensava a quel tempo come all’età dell’oro, un tempo ormai mitico ma non lontano, che poteva rivivere per la gente di Norbio.
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laquo;Solo per piantare i pini» disse Angelo calmo. «Voi avete lasciato distruggere le foreste, io voglio piantarle di nuovo.» «Ma perché proprio pini; perché pini e non querce? … I pini non danno frutti, non rendono» […] Così era stato per il lavatoio, così fu per il mattatoio, e così, infine, fu per la pineta, al punto che i bambini della scuola si assunsero l’impegno, dopo che i primi pini furono piantati attorno alla chiesetta del Carmelo, di innaffiarli ogni giorno. All’uscita di scuola si vedevano in fila indiana, con una brocchetta di terra, salire verso al chiesa, per innaffiare ciascuno il proprio pino.
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Così era stato per il lavatoio, così fu per il mattatoio, e così, infine, fu per la pineta, al punto che i bambini della scuola si assunsero l’impegno, dopo che i primi pini furono piantati attorno alla chiesetta del Carmelo, di innaffiarli ogni giorno. All’uscita di scuola si vedevano in fila indiana, con una brocchetta di terra, salire verso al chiesa, per innaffiare ciascuno il proprio pino.