Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
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Il tram infilò la via fiancheggiata a sinistra dai grandi palazzi con gli alti portici ombrosi e a destra dai colossali ficus elastica del fogliame folto, carico di polvere.
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Tra il fogliame s’intravedevano le locomotive e i piroscafi neri e rossi attraccati nella darsena accanto alle imbarcazioni a vela dalla poppa rotonda, quasi appoggiata alla banchina sulla quale si affaccendavano i facchini. […] La via Roma era stipata di gente che non si capiva bene dove andasse, cosa facesse in quell’ora afosa, mentre il sole, nascosto dietro cumuli di nuvole, le accendeva di giallo, rosso, arancione, verde, turchino.
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A Cagliari, sotto l’ampia tettoia della stazione furono circondati da un nugolo di piccioccus de crobi, i piccoli facchini cagliaritani, scalzi, vestiti di stracci e vispi come passeri, con le loro gialle corbule di giunco, sempre pronti a trasportare qualsiasi merce per pochi centesimi.
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Francesco era in divisa e Angelo indossava lo spolverino di tela grigia che lo avrebbe riparato dalla polvere.
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Montarono sul tram a cavalli stracarico di gente sudata e impaziente, fiaccata dallo scirocco che portava, attraverso il mare, il fiato ardente del deserto africano. […] La via Roma era stipata di gente che non si capiva bene dove andasse, cosa facesse in quel’ora afosa, mentre il sole, nascosto dietro cumuli di nuvole, le accendeva di giallo, rosso, arancione, verde, turchino.