Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
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Per quella furberia maligna che lo induceva sempre a confondere le acque, Giorgiades aveva fatto venire dalla vicina Nébida un certo numero di manovali, gente affamata e pronta a qualsiasi lavoro pur di guadagnare qualche lira.
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ldquo;«Non ho voluto disturbare Vostra Signoria, ho telegrafato a Sua Eccellenza il Prefetto, privatamente, beh sì, en amitié …» «En amitié un corno!» sbottò Follesa alzandosi e spingendo Giorgiades fuori dalla porta.
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Per quella furberia maligna che lo induceva sempre a confondere le acque, Giorgiades aveva fatto venire dalla vicina Nébida un certo numero di manovali, gente affamata e pronta a qualsiasi lavoro pur di guadagnare qualche lira. […] Era gente raccogliticcia, incapace di far bene la cosa più semplice, ma pronti a far di tutto, anche a mettersi dalla parte del padrone.
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Dal fondo della piazza volò un sasso che passò sopra la folla e finì contro i vetri della falegnameria. Fu l’inizio di un crescendo. I sassi ormai cadevano fitti quando, nel panico di un istante che sarebbe difficile scomporre nella fulminea successione cronologica, qualcuno, rimasto sempre sconosciuto, diede un ordine secco ed energico che i soldati eseguirono automaticamente. Come un solo uomo si fermarono, puntarono a terra il calcio dei fucili, inastarono la baionetta; poi con gesto rapido, sicuro, fecero scorrere il carrello di caricamento, misero la pallottola in canna.
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La notizia della strage rimbalzò per tutta l’Italia operaia. A Milano fu comunicata alla folla durante un comizio di protesta e provocò uno sciopero generale in tutta la Penisola. Solo in Sardegna rimase senza eco, e il silenzio di Bugerru, dopo la strage, in quel triste pomeriggio di settembre, era il simbolo del silenzio di tutta l’Isola nella compagine nazionale.