Lanusei, Tipografia Sociale, 1885
Ritedda di Baricau
Marcello Cossu
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Il dilettoso esercizio del ballo torna di mezzo agli sguardi procaci, ai teneri sorrisi ed a qualche stretta di mano, che sono, per così dire, il prodromo della passione d'amore; non è adunque a meravigliarsi, se nelle ricorrenze delle feste, compatte schiere di giovani intrecciano le danze, fosse pure allo accordo di quattro voci disaggradevoli, o al suono d'un organetto, e più spesso a quello delle pastorali launeddas. Il fatto è, in quella sera, la balda gioventù aveva la frenesia addosso, destata da un vecchiotto mastrucato, il quale, tenendo in bocca certi arnesi di canna, soffiandovi forte e senza lena, ne faceva uscire un armonia, che un poeta inedito rassomiglio a Pecchie, quando ronzano nel bugno.
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Colà intervengono le forosette azzimate a festa, cui fanno lodevole gara i giovani.
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Colà due pupille nere, che inviano faville, s'incontrano la prima volta.
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Al contrario, la maggior parte delle giovani, arrossarono per dispetto, e successe fra di loro un bisbiglio, un cicaleccio, con certe occhiate di sottecchi, con certi schernevoli sorrisi, che manifestavano in rincrescimento.
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E con quei due occhioni neri, come le more del rovo! - terminava nel dire la seconda. In un altro crocchio si faceva questo discorso: - Toh, come si è allindata, la Ritedda! - Corbezzoli! Ci ha il peplo nuovo col fermaglio d'argento.