Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
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laquo;Ehi, compare Giuseppe!» gridò Felice «ce lo date un passaggio per Norbio?» e ad Antonietta, a bassa voce: «Sei fortunata, è Giuseppe Lisca, un amico mio»
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In fondo si vedeva la campagna fatta di dune di sabbia coperte di fitti cespugli, e il mare di un intenso azzurro, che si schiariva in un verde trasparente ben delimitato, oltre il quale, in una lontananza stellare, si intuiva un irraggiungibile orizzonte. Dalla strada che imboccarono Felice e Antonietta preceduti dai bambini, si vedeva il verde pallido dei fichidindia e quello cupo delle montagne, oltre le quali Norbio e la vasta pianura del Campidano.
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Poi videro il carro, tirato da due pariglie, e il grande carico di sughero bruno, oltre la siepe.
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laquo;In tutta Italia esistono leghe operaie e Camere del Lavoro autorizzate.» […] «Qui non siamo né a Genova né a Milano!» scattò il sottoprefetto. «Siamo a Bugerru, e anche se non sembra, siamo sempre in Italia»
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laquo;Le leghe!» borbottò il turco lisciandosi i baffi, poi aggiunse «Je m’en fiche!»