Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
pp. 192-193
laquo;Vieni a cena con me da Giovanni. Oggi c’è lepre con la polenta.» […] «Venga lei da noi, piuttosto; abbiamo la stessa cosa: lepre in salmì, polenta e il vino di mio suocero è migliore di quello di Giovanni»
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Non li tagliava a metà come facevano parsimoniosamente i paesani, ma li accendeva interi, dopo averli spuntati, e li fumava pian piano, a piccole boccate, senza scrollare, finché poteva, la cenere bianca e compatta, segno, a suo dire, dell’ottima qualità. […] Era una ragazza alta, dal petto prepotente contenuto a fatica dal giubbetto di velluto blu a bottoni di perline, con una catenina d’oro che dal collo bianco e rotondo le pendeva sul petto. Alla catenina era appeso un cornetto di corallo che lei, salutando con un gesto, fece scendere tra i seni.
p. 193
laquo;Queste miniere sono sempre state la disgrazia della Sardegna. Attirano i forestieri con la prospettiva di facili ricchezze e non sono di nessuna utilità ai sardi. Senza le miniere noi avremmo ancora le nostre foreste!»
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Prese a tirare pian piano e involontariamente fece un cerchietto di fumo azzurrino che si librò a mezz’aria come un’aureola, poi continuò a fumare il sigaro, sulla cui cima andava formandosi un cappuccio di cenere bianca.
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laquo;Il Regio Intendente se la prenderà con noi, perché al Governo interessa solo che la fonderia marci a tutto vapore. Cari amici,» aggiunse dopo una breve pausa «c’è un solo sistema: bisogna che le foreste di Aletzi le prenda in appalto uno del posto, rinunciando ai rapidi guadagni a cui sono abituati i toscani»