Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
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La gente venne, in parte, riassorbita dalle strade laterali. […] Ma poco dopo, lentamente, la gente cominciò a risalire verso il centro, affollandosi attorno alle bancarelle dei venditori di torrone di Tonara e di sorbetti di Aritzo. In piazza del Municipio e lungo il muraglione dell’antico convento erano già pronte le impalcature dei fuochi d’artificio che, dopo cena, avrebbero concluso la giornata. Dovunque ci fosse un po’ di spazio, lungo i muri delle case e ai piedi del muraglione, le venditrici di biscotti avevano disposto per terra le loro canestre rotonde colme di ciambelle. I venditori di coltelli, venuti dalla lontana Pattada, presentavano la loro merce sparsa sui neri mantelli di orbace: erano coltelli di varia grandezza, con il manico di corno e la lama a forma di foglia, di cui tutti gli abitanti di Norbio erano forniti, e che servivano per tagliare il pane e per sgozzare gli agnelli, per difesa e per offesa: alcuni lunghi un palmo, altri non più lunghi del mignolo di un bambino, ma aguzzi e bene affilati. La gente commentava la corsa, ognuno esaltava i propri preferiti e aspettava che la giuria proclamasse il nome del vincitore. Ma a un certo punto il brusìo della folla si fece più intenso, come quello di un alveare in allarme.
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Avevano pensato tutti a un cacciatore: uno stormo di colombi selvatici sorvolava proprio in quel momento il trenino.
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A un certo punto – dissero poi i toscani – poco prima della chiesetta di San Sisinnio, avevano sentito la fucilata.
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In passato, le antiche leggi isolane facevano ricadere la responsabilità dei crimini sulla comunità intera. Il timore presente non derivava da questo antico senso comunitario, da questa civile responsabilità collettiva, che si era perduta nel tempo, ma piuttosto dalla sfiducia nell’attuale amministrazione della giustizia.
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Lo disse, e intanto pensava alla vallata del Leni e del Narti, ai boschi deserti com’erano sempre nelle giornate di festa, al silenzio vegetale rotto solo dallo sfrascare rapido delle ali dei colombi, dal trepestìo fugace del muflone o di qualche maiale staccato dal branco.