Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 91
Cos’altro poteva essere se non il trenino decauville che scendeva a valle carico di tronchi, con i muli stipati nell’ultimo vagone – i muli che l’ingegnere aveva fatto arrivare dal Piemonte per mettere in atto il progetto di Angelo.
p. 92
C’era anche l’ingegnere Ferraris, c’era il capo cantiere, l’impresario Giuseppe Àntola, il capo fonditore Giulio Morelli che tutti chiamavano il capitano, perché era stato capitano del Genio dell’esercito piemontese; c’erano i frenatori del trenino e gli operai di Norbio.
pp. 92-93
Arrivarono all’altopiano dove un tempo era stata l’antica foresta di Escolca di cui non restavano che i ruderi: immensi tronchi abbattuti, enormi ceppaie, cataste di rami già segati e pronti per il carico. […] L’altopiano di Escolca, detto anche giara di Escolca a causa della sua forma, come tutte le giare, finisce con pareti a forte pendenza.
p. 92
Unico inconveniente, i muli, che durante la discesa si erano spaventati e avevano strappato a morsi i vestiti dei frenatori.
p. 93
Anche quella volta, la discesa fu abbastanza emozionante, se non per i muli, che erano bendati, per gli uomini, che si trovarono all’improvviso sull’orlo del precipizio quasi sospesi sulla sottostante vallata.