Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
p. 84
laquo;Solo Dio potrebbe farlo; ma Dio, queste mosche della malora, le ha create per punirci dei nostri peccati.» Sofia si segnò.
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Ad Angelo dispiaceva mettersi al servizio di quella Società mineraria che aveva tanto odiato perché distruggeva i boschi; ma Sofia aveva buoni argomenti.
pp. 85-86
Così la prima volta che vide l’ingegnere gli disse di sì, che accettava di entrare a far parte del personale fisso della Società, come assistente, e con lo stipendio di ottanta lire al mese.
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Teneva i piedi, calzati di pantofole di velluto verde, raccolti sotto di sé e appoggiati col tacco alla traversa, gli occhi attenti alla lancetta che tremava sul quadrante bianco e pareva tutta tesa nello sforzo di raggiungere a ogni colpo di pistone il puntino rosso che segnava il limite massimo; ma quando la lancetta era lì lì per raggiungerlo, la ragazza allungava la mano e apriva la chiavetta della valvola. Non si era accorta di Angelo, benché i frantoiani lo avessero salutato a gran voce ed egli si stesse avvicinando a lei con gli scarponi chiodati che cigolavano sull’impiantito di pietra grigia: stava attentissima, strizzando gli occhi e serrando le labbra, come se dal manometro dipendesse la salvezza del mondo.
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La lancetta era sul puntino rosso e Angelo, proprio mentre stava per toccarle il braccio, la vide sussultare in modo che una pantofola le sfuggì dal piede e sarebbe certamente caduta nella vaschetta piena di morchia se Vissente, svelto come un gatto, non l’avesse presa a volo all’ultimo momento.