Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
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La bisaccia del vecchio era appesa al piuolo piantato nel muro. Egli ne tolse una grossa pagnotta avvolta in un tovagliuolo di lino, ne tagliò tre larghe fette con il suo coltello a forma di foglia, ne infilò una in un rametto biforcuto che aveva preparato e la fece abbrustolire alla fiamma. Quando il pane ebbe acquistato un bel colore dorato, colse una manciata di olive nere dall’albero più vicino e intrise la fetta di pane dorato con il loro succo bruno e amaro.
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laquo;Perché quando uno sa delle cose, per non dimenticarsele bisogna che le insegni ai più giovani».
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Quando il pane ebbe acquistato un bel colore dorato, colse una manciata di olive nere dall’albero più vicino e intrise la fetta di pane dorato con il loro succo bruno e amaro.
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Lo affascinavano gli olivi che circondavano quel pozzo, - i più grandi di tutti gli oliveti di Parte d’Ispi – innestati, diceva il vecchio Raimondo Collu, almeno trecento anni prima. […] Chi sa se il pozzo era stato scavato perché c’erano gli olivi, o se gli olivi erano stati innestati perché c’era il pozzo.
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Mise il basto all’asino, ci legò su gli attrezzi, un falcetto, un piccone e una vanga, e si avviò con le sue gambe storte, così storte che le scarpe si erano consumate dalla parte esterna e avevano due buchi che lasciavano vedere la pelle grigiastra.