Milano, Mondadori, 1972
Paese d'ombre
Giuseppe Dessì
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laquo;Che ti possa rompere l’osso del collo!».
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Due vecchi fecero appena in tempo a scansarsi appiattendosi contro il muro della casa di Giacinto Spano, l’esattore dalla barba rossa, che certamente aveva udito e riconosciuto il calesse di Fulgheri e aveva alzato dalle carte i larghi occhi verdastri.
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L’avvocato Fulgheri, l’uomo che lo aveva mandato in galera avrebbe avuto quel che si meritava. Gli dispiaceva solo per il bambino. Non c’entrava niente lui. Ma era figlio di Giuseppe Uras e Sofia Curreli che, al processo, avevano deposto contro di lui.
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Era una strada scavata dal passaggio di migliaia di carri, per migliaia di anni; sul fondo c’erano due palmi di polvere rossiccia che smorzava il galoppo, ma ogni tanto le ruote del calesse urtavano e slittavano contro una roccia affiorante e il leggero veicolo si sarebbe rovesciato se la strada non fosse stata così incassata nella terra argillosa impastata di sassi.
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Le due pareti laterali si abbassavano rapidamente e dopo un poco la strada correva tra due muretti a secco.