Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 863
Si tirò sulla spalla il fucile, guardò a lungo per terra. La luna attraversava il cielo solitario e mandava la sua luce triste dentro la foresta; il mormorio della fiumana s'allontanava: e dai soveri grigi che parevano di pietra, cadevano gocce d'acqua che gli sfioravano il viso e le mani.
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Tutto era quieto sotto il chiarore della luna; il rumore del torrente risuonava fievole come se l'acqua si fosse addormentata e mormorasse in sogno, e nella tanca di Marianna l'usignuolo non smetteva di cantare.
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Gli uomini stavano nella cucina aspettando gli ordini di Marianna; di fuori il cavallo già sellato era pronto per la partenza e il servo aveva lo sprone al piede, mentre zio Berte si torceva un po' le mani incerto se doveva andare lui in cerca dei parenti di Simone o restare presso la figlia.
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Allora obbedì, e in breve il rumore dei passi rapidi del suo cavallo si spense in lontananza.
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All'alba arrivò la madre di Simone, seduta in groppa al cavallo del servo. Curva, con la testa avvolta in una benda nera, pallida nel viso già da lungo tempo pietrificato dal dolore, scivolò dal cavallo ancora prima che l'uomo smontasse, e andò dritta nella stanza ov'era suo figlio.