Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 852
- Taci, lepre morta! Non ti vergogni a non avergli lavato il muso col suo sangue? Non parlare oltre: tu non sai quello che sei!
- Sei tu che non sai quello che fai e quello che sei, - insisté Costantino, fermo, immobile come rassegnato ad aspettare l'assalto. - Sei un miserabile! Mi fai pietà.
p. 853
Aveva deciso di ritornare quel giorno stesso a Nuoro; ma poco dopo mezzogiorno, mentre il cavallo già sellato aspettava pazientemente sotto la quercia della spianata, il tempo si fece ancora più minaccioso.
p. 853
Verso mezzogiorno il tempo s'era fatto grigio, quasi freddo. Marianna stava accanto al fuoco, come nella sua casa di Nuoro nei lunghi giorni d'inverno e d'attesa, e di nuovo le sembrava che tutto, la visita di Costantino, l'ambasciata di Simone, le grottesche minacce di Sebastiano, tutto fosse stato un sogno.
p. 854
Marianna restava immobile presso il finestrino. Il piccolo gatto dell'ovile era balzato sul davanzale fissando al di fuori i grandi occhi verdi ansiosi: pareva vedesse qualche cosa di là del prato, di là del bosco; a volte volgeva la testa e fissava Marianna; poi si rimetteva ad aspettare come lei: d'un tratto saltò giù e sparve. I cani abbaiavano: la pioggia cessò, le nuvole s'aprirono; e nello spazio verde del cielo sopra il bosco apparve la luna.
p. 854
Marianna finalmente si scosse: le era parso di sentire, tra il fragore dell'uragano, un passo che il suo cuore si ostinava ad accompagnare col suo palpito. E s'era fatta rossa, dapprima per il turbamento, poi per la vergogna del suo turbamento.