Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
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Marianna guardò la piccola facciata di pietra grezza, con due finestrini circondati di una cornice nerastra e una porticina chiusa sopra uno scalino intorno al quale cresceva l'erba e l'ortica, e gli occhi le si velarono di lagrime: le pareva un viso triste, tragico, la facciata della piccola casa.
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Le donne uscivano sulle porticine delle altre casupole e la guardavano fisso, salutandola con un cenno del capo, e lei aveva l'impressione che anche loro «sapessero», che il suo segreto oramai si fosse sfogliato come un fiore di cui tutti possedevano un petalo; ma sentiva il coraggio del proprio amore, e solo, in quel momento, si vergognava della gioia che invano tentava di reprimere in fondo al cuore pensando che se la madre era gravemente malata, Simone sarebbe tornato a visitarla...
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Sul ballatoio, entro un vaso di sughero legato con un giunco, tremolava un fiorellino azzurro: e le parve la salutasse.
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La donna, infatti, mosse il viso rosso di febbre, fra i capelli umidi ancora folti e neri; le sue pupille dilatate, nuotanti in una luce torbida, fissarono le pupille di Marianna e parvero riconoscerla.
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La sua voce aspra tradiva talmente una irritazione interna, che Marianna si spaventò e si pentì d'essere entrata; sentì che la sua visita non era né opportuna né gradita. Infatti vide i grandi occhi dorati della figliuola minore, che si era affacciata sul ballatoio, guardarla con meraviglia e curiosità, poi con dolore e infine con ostilità che pareva odio.