Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
p. 808
Chiuse d'un colpo e ridiscese col lume in una mano e nell'altra il canestro con l'uva: e tutti e due, lume e canestro le tremavano fra le dita, ma pareva si facessero bilancia per sostenerla.
p. 808
Sollevò la canna, spiccò un grappolo, lo abbassò cautamente, lo pesò fra le mani: non le parve abbastanza bello e ne spiccò un altro, ma il giunco si ruppe, il grappolo le cadde addosso e gli acini le corsero sulla persona e rotolarono sul pavimento come i grani d'una collana rotta.
p. 808
Attraverso il vetro vide un tratto della città, una distesa di tetti neri e bianchi, e sull'orizzonte scuro sotto il cielo basso, il monte nevoso, disteso nella notte come un grande orso bianco addormentato.
p. 809
Mentre la serva si attardava a chiudere il portone egli andò incontro a Marianna fino all'uscio della scaletta e si chinò a staccare infantilmente con le labbra un acino d'uva dal canestro.
p. 810
- Marianna, - egli disse allora, - le cose sono più difficili di quanto noi crediamo. Ho parlato con mia madre, e lei è andata in casa di un prete, per invitarlo a sposarci in segreto. Non ha detto certo il tuo nome. Disse solo che io voglio sposare una donna prima di entrare in carcere: il prete rifiutò, e disse che tutti i preti di Nuoro faranno come lui. Hanno paura come le lepri al freddo. Però mia madre non dispera. Solo... occorre del tempo...