Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Marianna Sirca
Grazia Deledda
pp. 807-808
La serva si alzò e sparse il sale sul cinghialetto già infilato nello spiedo.[...] La serva faceva di tanto in tanto girare lo spiedo col cinghialetto spaccato diventato nero sulla catena e d'un color rosso dorato coperto dal velo del sale nell'interno, con i visceri scuri e le costole biancastre.
p. 807
Era una forza spaventosa e irriducibile, quella che portava via Marianna, era come quella che una notte aveva devastato la casa dei suoi antichi padroni: la forza stessa del destino.
p. 807
Eppoi è così. Non seguo la legge di Dio, dimmi? Dio non ha creato né ricchi né poveri, né buoni né malvagi: solo ha detto: «voletevi bene e unitevi». E così faremo noi. E tu adesso alzati e prepara la cena per tutti. È ora, su!
p. 808
Eppure d'improvviso a lei sembrò di vedere una sfera scintillare all'orizzonte come se d'un tratto apparisse il sole e l'usignuolo cantasse.
p. 808
Il vino e il pane erano pronti sul tavolo e Marianna, per ingannare un po' la sua inquietudine e convincersi che tutto non era un sogno della sua fantasia, andò in soffitta a prendere dell'uva. Con una canna in mano stette a guardare in su, scegliendo il grappolo da spiccare: erano tutti belli, i grappoli; pendevano a coppie dal trave centrale come da un pergolato senza pampini, con tutti gli acini intatti, freschi e gialli come grani d'ambra. Sollevò la canna, spiccò un grappolo, lo abbassò cautamente, lo pesò fra le mani: non le parve abbastanza bello e ne spiccò un altro, ma il giunco si ruppe, il grappolo le cadde addosso e gli acini le corsero sulla persona e rotolarono sul pavimento come i grani d'una collana rotta.