Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
p. 95
Gli pareva che tutta quella gente che camminava parlava e rideva fosse felice, anzi ubriaca di felicità, ed anche lui si abbandonava senza scrupolo alla follia dei suoi desideri, ad un irresistibile bisogno di gioia e di piacere.
p. 96
Nessuno protestò contro i nuovi venuti; anzi subito un uomo vestito da frate, col volto tinto di giallo, invitò al ballo una delle nostre mascherine che accettò senza tanti complimenti.
p. 98
- Sete e fame, mamma mia; datemi da mangiare, ché poi me ne vado al seranu.
p. 98
Quel giorno i Portolu avevano avuto un lauto desinare; fave bollite col lardo, e cattas, specie di frittelle di pasta lievitata, con uova, latte e acquavite.
p. 98
Il gatto fermo sulla finestruola, con gli occhi fissi lontano pareva immerso nella contemplazione delle montagne grigie e violacee che chiudevano l'orizzonte.