Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
p. 84
- La vocazione ce l'ho e ce l'avevo. Mi è venuta da ragazzo e poi mi è ritornata quando ero in quel luogo. E non pensate, zio Martinu, che se mi faccio prete, ciò sia per poltroneria, per guadagnare, per viver bene, come tanti altri. È perché credo in Dio e voglio vincer le tentazioni del mondo.
- Non basta, Elias Portolu. L'uomo che si fa sacerdote non deve respingere solo il male, ma fare il bene. Deve vivere tutto per gli altri, deve, in una parola, farsi prete per gli altri e non per sé. Mentre tu ti fai prete per te solo, per salvar l'anima tua, non quella degli altri. Pensaci bene, Elias Portolu: ragione ho, sì o no?
p. 85
Ecco che perché sei innamorato di una donna che non puoi possedere, che non hai voluto possedere, ecco che vuoi diventare un cattivo sacerdote, mentre potresti essere un uomo abile al bene. Aquile, bisogna essere, non tordi, Elias: ha ragione padre tuo!
p. 86
Andiamo, zio Martinu: sono stordito come una pecora matta.
p. 86
laquo;Il vecchio cinghiale ha ragione: bisogna esser uomini», pensava, «bisogna essere aquile e non tordi. Voglio esser forte: buon cristiano; sì, ma forte.»
p. 86
Negli orizzonti lontani, negli sfondi un po' lattiginosi, pareva ci fosse il mare; in certe sere l'orizzonte diventava tutto d'un roseo latteo madreperlaceo, con qualche nuvola d'un azzurro pallido che sembrava una vela navigante.