Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
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- Benissimo. Allora possiamo andare. Comincia a far umido, eppoi tu mi hai detto che ci sono le biscie. Eh, eh, dammi la mano, aiutami ad alzarmi... Eh, io non ho vent'anni per saltare come te. Bravo, grazie; ora lascia che mi afferri a te. Cosa ne dici di prete Porcheddu?
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La coscienza, soprattutto la coscienza, Elias Portolu, ricordati della coscienza! Ah, cosa vedo lì? Una cosa nera, guarda, sarà una biscia?
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Fin dall'alba cominciarono i preparativi per la partenza: furono caricati i carri, sellati i cavalli, colmate le bisaccie.
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L'indomani mattina partenza. Il priore vecchio aveva consegnato lo stendardo, la nicchia e le chiavi al priore nuovo, sorteggiato il giorno prima; la prioressa aveva diviso il pane e le provviste avanzate e l'ultima caldaia di filindeu tra le famiglie della grande cumbissia. Fin dall'alba cominciarono i preparativi per la partenza: furono caricati i carri, sellati i cavalli, colmate le bisaccie. Si partì dopo la messa; e il nuovo priore richiuse il portone. Le stanzette, la chiesa, le macchie ritornarono deserte, adagiate sullo sfondo azzurro delle solitarie montagne.
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Verso mezzogiorno si arrivò all'Isalle; secondo l'uso si smontò laggiù, per desinare, sotto un gruppo d'alberi, fra rocce coperte di musco fiorito, in riva all'acqua corrente. L'accampamento fu presto fatto; sorsero i fuochi, giraron gli spiedi, furono imbandite le mense. Il meriggio era dolce; grandi, alte macchie di oleandri sorgevano lungo l'acqua corrente, immobili nell'aria calda; in fondo alla valle le messi splendevano al sole. La nicchia col piccolo San Francesco fu deposta per terra, sopra un grande fazzoletto disteso; e dopo il pasto uomini e donne vi si affollarono intorno, inginocchiandosi, baciandola e deponendovi dentro un'offerta.