Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
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Ed ecco, d'un tratto, il sublime paesaggio profanato e desolato dalle bocche nere e dagli scarichi delle miniere: poi di nuovo pace, sogno, splendore di cielo, di pietre fosche, di lontananze marine: di nuovo il regno ininterrotto del lentischio, della rosa canina, del vento, della solitudine.
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A un certo punto, in un'altra spianata, fra i lentischi, tutti si fermarono: alcune donne smontarono di sella, gli uomini bevettero.
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L'orizzonte stendevasi ampio e puro, il vento odoroso passava ondulando le verdissime brughiere: ineffabile sogno di pace, di solitudine selvaggia, di silenzio immenso appena rotto da qualche richiamo lontano di cuculo, e dalle voci sfumate dei viandanti.
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La mèta s'avvicinava; il sole s'avviava allo zenit, ma il vento gradevole, odoroso di rose canine, ne temperava l'ardore.
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Si scorgeva la chiesa, coi suoi muri bianchi e i tetti rossi, adagiata a mezza china tra il verdeggiar delle brughiere.