Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Elias Portolu
Grazia Deledda
p. 33
Il priore, un paesano ancor giovane, con la barba quasi bionda, montava un bel cavallo grigio, e portava lo stendardo e la nicchia: seguivano altri paesani, con donne in groppa ai cavalli; donne che cavalcavano da sole, donne a piedi, fanciulli, carri, cani. Ciascuno però viaggiava per conto suo, chi più in là, chi più in qua della strada.
p. 33
I prati coperti di papaveri, di timo, di margherite, esalavano irritanti profumi.
p. 33
Le forti montagne verso cui si viaggiava sorgevano azzurre sul cielo ancora acceso delle fiamme violacee dell'aurora.
p. 34
Il sole cominciava a batter forte; e i rozzi cavalieri nuoresi cominciavano a bere, per «rinfrescare la gola», fermando di tratto in tratto i cavalli e arrovesciando il viso sotto le zucche incise dove tenevano il vino. Una grande allegria era in tutti. Alcuni spronavano ogni tanto i cavalli, slanciandosi ad un agile galoppo, poi ad una corsa sfrenata, arrovesciandosi un po' indietro, emettendo grida selvaggie di gioia.
p. 34
Fitte macchie di lentischi salivano e scendevano tra il fosco brillar dello schisto, costellate di rose canine in piena fioritura.