Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 353
Dai burroni della valle saliva il grido dei falchi in amore, e quello strido lamentoso che pareva il gemito d'un desiderio inappagato gli ricordava il suo doloroso idillio.
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Era questo pensiero che gli faceva echeggiare entro il cuore gridi melanconici e selvaggi come quelli dei falchi in cerca delle loro compagne...
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Allora... allora... quando le rondini sarebbero partite... quell'altra rondine forse tornerebbe. Forse? No, egli era certo che sarebbe tornata, sia pure per un giorno o per un'ora; e passava i giorni ricordando il passato e vivendo nell'attesa di quell'ora...
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Il caldo richiamava le mosche attorno al letto del malato, e a giorni egli era così sofferente che pareva dovesse morire; ma quando dopo il tramonto un soffio di frescura scendeva dall'altipiano e il chiarore rosso del crepuscolo rendeva meno triste la stamberga, egli si rianimava, diventava quasi allegro, chiacchierava con Pretu contando i giorni che ancora rimanevano per arrivare all'ottobre.
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Ed ella se n'era andata; era sparito il suo vestito bianco, il suo cappello nero, la sua borsa scintillante; ma il suo sguardo e la sua voce restavano lì, sempre, attorno a lui, e spesso alla notte egli si svegliava con l'impressione di vederla da un momento all'altro riapparire e l'aspettava come aveva aspettato Columba.