Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 312
Si salutarono con un cenno del capo, ma sul viso di entrambi passò un sorriso di reciproco scherno; mentre gli occhi verdastri del nonno guardavano il bastone biforcuto, il mite vincastro al quale l'ex-bandito era tornato dopo tanti anni di fiera ribellione, gli occhietti porcini di zio Innassiu fissavano il coltellino e l'astuccio di canna del suo nemico: ed entrambi pareva si dicessero con lo sguardo: «Ecco a che cosa sei ridotto!».
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Tenendosi coi denti il fazzoletto che il vento voleva portarle via, prese la legna, rientrò e chiuse; ma l'odore la seguiva, ed egli era lì, davanti a lei, piccolo e cereo in viso come un bambino morto, immobile sul suo letto tutto bianco in fondo alla stamberga nera.
p. 313
Egli dormiva con la testa avvolta in un fazzoletto bianco; il suo viso era ancora più bianco del fazzoletto, e i capelli neri divisi sulla fronte, il cerchio violetto delle palpebre, l'ombra sopra il labbro superiore si vedevano da lontano.
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Il cane mugolava di tanto in tanto, altri cani rispondevano, e il vento nella valle pareva l'eco di questi lamenti irrequieti.
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Dalla porta vide la figurina nera di lui scender la strada rasentando il muro: il vento rapiva un po' di scintille dalla tegola; i cani urlavano nelle tenebre come anime infernali.