Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
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Ancora una settimana e sarebbe sposa; le sembrava già di veder le bisacce appese qua e là nella cucina e nel portico, le pecore squartate, le galline appese a testa in giù col sangue che sgocciolava dai becchi aperti e faceva una piccola buca rossa nella polvere del cortile; tuttavia le pareva che ancora lungo tempo dovesse passare prima di Pentecoste.
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Dopo il bel tempo di Pasqua la pioggia tanto invocata era giunta in abbondanza, seguita anche dalla neve; nuvole grigie e rosse salivano continuamente dal mare e anche quando il sole splendeva sopra la valle, Monte Bardia e Monte Albo, Monte Acuto e Monte Gonare, da un capo all'altro dell'orizzonte si guardavano attraverso un velo di nebbia come quattro vecchioni seduti in mezzo al fumo attorno a un focolare di pietra.
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Dionisi s'era appunto recato alla festa campestre e non aveva più fatto ritorno; le donnicciuole ogni tanto penetravano nella casupola di lui, nera puzzolente come una tana di cinghiale, e ne uscivano tenendosi su le gonne e scuotevano la testa.
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I parenti e gli amici del vecchio fecero una specie di questua per lui, ottenendo una capra o qualche altro capo di bestiame da quasi tutti i pastori del paese; così gli formarono un gregge ed egli riprese l'antica vita.
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- Dev'esser morto.
- Deve aver seguito qualche altro mendicante, recandosi con lui alle feste di Fonni...