Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 280
Di lassù si vedeva la parte occidentale del paese, la chiesa nera e grigia fra le roccie, lo sfondo del paesaggio chiuso dalla linea dell'altipiano: la luce del mattino coloriva d'azzurro tutte le cose, il sole dorava i vetri delle finestruole, e in una di queste, in una casupola nera sgretolata, si sporgeva una bella fanciulla in corsetto di panno giallo: tale un ranuncolo fiorente sul muro di una rovina.
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Sembra una bambina, con la sua veste bianca corta, i capelli neri e lucenti annodati con due nastri sulle orecchie, il viso pallido e pienotto emergente da un alto colletto verdognolo a due punte come un bocciolo di rosa dal calice spaccato.
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Ma tutta l'attenzione di Columba si fermava al balcone attiguo le cui imposte erano aperte; una scarpetta bianca stava sullo scalino, ed ella la fissava come un oggetto straordinario e si sentiva battere il cuore.
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A un tratto altre due scarpette nere con la fibbia dorata apparvero accanto alla prima.
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Columba sente quello sguardo pungerla come un pugnale, e prova dolore e rabbia sembrandole che la straniera ripeta a voce alta in modo che tutto il paese la senta, le parole dette alla cucitrice: «Come quella ragazza non si vergogna di sposarsi mentre un uomo muore per colpa sua?»