Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 277
Dapprima furono due bottoni in filigrana d'oro, simili a due fragole gialle unite fra loro da un nastrino verde; poi altri bottoni in argento per le maniche del giubboncello, spille, un rosario di madreperla con una medaglia bizantina applicata sopra una croce d'oro; una collana di corallo che sembrava fatta di goccie di sangue; infine orecchini e anelli con predas de ogu, d'un rosso pallido sfumato in avorio come i petali non ancor dischiusi della rosa, o con pietre gialle e verdi liquide e brillanti come goccie di rugiada e di miele.
p. 277
Li misurava lei, mentre suo marito prendeva un grappolo di bottoni, li pesava sul palmo della sua mano e diceva:
- Scommetto che valgono quanto un branco di pecore!
p. 277
In quei tempi, quando avevo le ginocchia svelte e giravo, incontrai un pastore di Dorgali che mi raccontava i fatti suoi.
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Egli dunque s'era sposato, poco tempo prima, e per «donare» la sposa aveva venduto il suo gregge. Sì, cento pecore aveva, cento ne vendette; e comprò i gingilli, ed ecco che non aveva più gregge, e due giorni dopo le nozze la sposa gli disse: «bello mio, perché non vai all'ovile a guardare il tuo gregge?» Egli rispose: «bella mia, il nostro gregge è dentro la tua cassa!" Ma la sposa non era una sciocca: vendettero i gingilli e ricomprarono il gregge!».
p. 278
Il fidanzato diventò rosso per il piacere, mentre Columba, riabbassati gli occhi, tornava a misurarsi gli anelli cercando i più stretti e Banna contava i bottoni.