Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 273
Anche le macchie e le pietre formano un solo profilo nero su quello sfondo sempre più rosso; è il crepuscolo, l'ora delle fantasmagorie; ma il fidanzato conosce bene la strada e va dritto, con le mani sul pomo della sella, gli occhi pieni della visione calma e lucida del suo mondo interno.
p. 274
Il suo mondo interno è la distesa delle «sue» tancas coperte d'erba, di asfodelo per pascolo, di quercie sugherifere, popolate di vacche, di vitelli, di giovenchi, di servi, di cavalli, di cani; in fondo sorge il villaggio nero, con la «sua» casa, il granaio, le cucine, il cortile, l'orto.
p. 274
Senza guardarlo, come se si trattasse di un semplice ospite, ella lo aiutava a togliere le bisacce, la briglia e la sella
alla cavalla.
p. 274
Egli si vedeva già circondato di figli agili e forti come lioncini: questo era stato sempre il suo sogno, l'unico dispiacere che aveva turbato il suo primo matrimonio. È vero che anche Banna non aveva figli; sì, ma il marito di lei non era da paragonarsi a lui, Zuampredu Cannas, forte e robusto (se non agile) come un leone. E con la calma solenne del leone che va in cerca della sua leonessa smontò davanti alla casa di Columba. Eccola, adesso la vedeva bene, intera e distinta, la sua Columbedda: un po' pallida e seria, ma calma e sicura anche lei come una lionessa.
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Se avremo sei figli a ciascuno toccherà una metà di tanca e venti vacche figliate e qualche altra cosa; eppoi il patrimonio aumenterà, perché Columbedda è seria e solerte e non ha bisogno di rimettersi in mano alle serve, come
fanno tante altre.