Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 267
Ricordi vaporosi come le nuvolette che continuavano a correre sullo sfondo della porta gli passarono in mente; gli pareva di trovarsi ancora a Nuoro, in una sera fantastica, fra le luci colorate e i rumori della festa.
p. 267
- A chi? Se lo mangia il postino; sentite, zio Jò, è meglio che ve lo mangiate voi. Sarà quella dama di Roma, quella... sapete, di cui avete parlato l'altro giorno!
p. 267
Ma nella cassetta c'era ancora roba: tre o quattro involtini legati con volgare spago grigio.
p. 268
No, chi gli aveva mandato il dono non poteva essere uno dei soliti volgari benefattori. Di fantasia in fantasia egli rievocava tutte le persone che aveva conosciuto a Nuoro e ricordava i piccoli orti chiusi da muricce a secco, coperti dai grandi fiori duri e pallidi dei cavoli e dalle capigliature verdi dello zafferano.
p. 268
Qua e là appariva l'occhio azzurro d'un giacinto e brillava l'oro bruno della violaciocca: ma per cercare le violette la persona che le aveva colte doveva essersi curvata lungo un sentiero dorato dal sole e annerito dall'ombra degli elci, nella pace del Monte Orthobene.