Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 261
Grandi nuvole bianche passavano davanti al sole e tutto il panorama di valli verdi e grigie chiuso dalla linea violacea dell'altipiano pareva sonnecchiasse; ma di tanto in tanto il sole tornava a risplendere; l'erba allora e le macchie
scintillavano e tutto il paesaggio si scuoteva al vento come svegliandosi all'improvviso.
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Ma la voce cadenzata del mendicante risuonava nel silenzio del ciglione; pareva che le sue parole lente, staccate, cadessero sull'erba, mentre la vocina sonora di Pretu saliva e si sperdeva nell'aria serena.
- In nomen de su Babbu, de su Izu, de s'Ispiridu Santu, faghide sa caridade a custu poberu ezzu istorpiadu...
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- Tutti i giorni egli è qui, - brontolò Pretu sollevando il coperchio della cassa e prendendo la metà d'una focaccia rotonda e gialla come la luna.
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- Ebbene, Dionisi, che c'è di nuovo nel mondo? Sei andato ad ascoltar le prediche?
- Che, che, cuoricino mio!... Gli eremiti, in quel tempo, quando gli uomini non avevano malizia, mangiavano i cani...
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- Che, che, cuoricino mio!... Gli eremiti, in quel tempo, quando gli uomini non avevano malizia, mangiavano i cani...
- E adesso che han malizia mangiano i vitelli, e fan bene! - gridò Pretu, dandogli in malo modo la focaccia.