Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
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laquo;Babbu Corbu», dice la voce triste di Columba, «vorrei esser già lontana di qui... così tutti saremmo più tranquilli...»
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Il tempo porterà rimedio a tutto. Columba se ne andrà col suo sposo ricco, una vita nuova comincerà per lei; il
nonno andrà spesso a trovarla, farà cavalcare il suo bastone ai bambini di lei, li condurrà sul suo cavallo, darà l'ordine ai suoi servi perché col formaggio fresco facciano agnellini, uccellini, treccie e amuleti, da regalarsi ai nipotini.
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Amici e nemici, giudici e vittime: appariva lo sfondo d'un bosco, s'udiva il trotto d'un cavallo, una fucilata, un grido; poi la scena cambiava: era una scena funebre; una donna coi capelli sciolti gridava vendetta; zia Giuseppa Fiore accoccolata davanti al suo focolare gittava di tanto in tanto un grido d'odio come il gufo nel bosco: Innassiu
Arras correva di roccia in roccia con la sua borsa sulle spalle... Poi appariva una chiesa campestre, con l'altare coperto di fiori rossi, un Cristo deposto sull'arazzo giallo come su un quadrato di sole.
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A un tratto un gallo cantò, e il vecchio, abbandonando le inquietudini del presente, si lasciò andare ai ricordi del passato.
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Ogni volta che sentiva cantare il gallo egli ricordava gli urli che avevano echeggiato nel silenzio del salto quando sua moglie era stata aggredita... Sua moglie!