Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 236
E così di parola in parola vennero a parlare anche di Jorgj Nieddu: allora la ragazza straniera disse: «Anche questa è una malattia che si cura: bisogna andare a Roma!». E va in pace, tu con Roma, dico io!
p. 237
Al nome di Giuseppa Fiore Banna fremette come una puledra frustata: i bottoni d'argento con catenelle che pendevano dal suo corsetto tintinnavano come una sonagliera.
p. 237
La donna si alzò, si mise la corbula vuota sulla testa e si riavvolse nella gonna.
p. 237
Sul suo viso scuro i denti forti e bianchi e gli occhi verdognoli scintillavano.
p. 240
Il suo viso ispido, i capelli, gli stracci che lo coprivano pur lasciando qua e là vedere le sue membra nerastre, avevano un colore solo come egli si fosse tuffato intero in un bagno di fango: un sacco fermato con una cordicella gli pendeva sulle spalle, e la punta della sua lunga berretta era gonfia, colma di roba.