Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 233
- Morivano di vecchiaia! Quanti anni aveva Noè? E Giacobbe, ed Elia? Dillo tu, se lo sai. Arrivavano fino ai novecento anni. E dottori non ce n'erano. E certe malattie, inventate da loro, non si conoscevano, o si conoscevano col loro vero nome e si curavano; per esempio, la malattia di quello là... chi la conosceva?
p. 233
Una ruga s'ergeva a tratti fra le sue sopracciglia nere; e quando la donna accennò al suo pallore, ella sollevò alquanto gli occhi un po' torbidi, ma li ribassò tosto e disse con disprezzo: - È già la quarta volta che mi dite che sto poco bene, zia Martì! E che volete farmi la medicina della strega?
p. 234
- E che casa! Ho sentito raccontare che bisogna segnarsi, entrando, tanto è bella. Ma bada che ti cade la camicia, colomba mia d'oro; non lasciar cader nulla: è cattivo augurio. E Remundu Corbu dov'è? Gli dispiacerà lasciarti partire; ma egli è veramente un'aquila e non striderà certo quando gli porteran via la sua ala; tu piuttosto, Columba mia, tu piangerai... Cosa ne dici?
p. 234
Dapprima fu una lunga lauda allo sposo, alle sue ricchezze e alla sua bontà, poi un fiero commento alle critiche dei malevoli, infine un'altra lauda a zio Remundu, alla «vecchia aquila» astuta e forte, e a Banna e a suo marito.
p. 234
Mentre ella preparava il caffè, la donna seduta per terra accanto alla sua corbula, con le gambe incrociate all'araba e le mani composte in grembo sotto la gonna nera che le serviva da mantello, riprese a chiacchierare.