Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
p. 199
Era di ottobre e tutta la valle ancora gialla di stoppie e di cespugli secchi sembrava qua e là tinta dal verde tenero dell'erba di autunno. Il cielo cosparso di nuvolette grigie immobili biancheggiava luminoso come uno specchio ove pareva si riflettessero le roccie del paesaggio: all'orizzonte i colori si facevano vividi illuminati da una luce lontana, e il Monte di Galtelli sullo sfondo d'oro del mare sorgeva simile ad un enorme scoglio azzurro coperto da un velo rosa.
p. 200
Io in quel tempo rileggevo Terra vergine e sognavo grandi fiumi luminosi con isole coperte di canne e di giuncheti, ombreggiate di boschi di salici e di pioppi; tutto un paesaggio caldo, fantastico, velato di vapori rosei, popolato di donne belle e voluttuose.
p. 200
Buoi e cavalli, cani e maiali popolavano sempre il portico che precede la casa e il cortile che sembra una gabbia; spesso vedevo Banna, agile olivastra e fiera come una domatrice, passare e ripassare fra le gambe dei cavalli e dei puledri e accanto ai giovenchi che scuotevano minacciosi la coda, mentre Columba passava rasente al muro timida e quasi paurosa, accostandosi al pozzo per attingere acqua.
p. 200
Se la nebbia passava sul mio capo il vento la portava subito via: e le donne erano vestite di nero e di giallo, di panno ruvido e di velluto rasato, come se rappresentassero il giorno e la notte assieme, ma senza crepuscoli, l'amore e l'odio ma senza pervertimenti.
p. 200
Il mondo reale intorno a me era invece nitido e duro; un mondo fatto di roccia e di macchie dai rami contorti come membra che la lotta eterna col vento ha indurito e ripiegato ma non vinto.