Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1941
Colombi e sparvieri
Grazia Deledda
pp. 174-175
Le loro voci stridenti arrivavano fino a Giorgio, mentre Pretu correva a curiosare e gli riferiva poi le cose orribili che le donnicciuole dicevano per lui e per il dottore. Allora Jorgj pregava Margherita di riportare via il latte: ma ella deponeva la bottiglia sulla cassa, si riavvolgeva nella sua gonna nera e se ne andava senza salutare, senza parlare, talvolta anche senza neppure guardare il malato. Egli la seguiva con lo sguardo turbato, e la sua mano diafana tremava lievemente fra le pieghe del lenzuolo: quella figurina silenziosa e nera dal profilo arabo, quel bel viso di sfinge paesana gli ricordava l'altra, quella che non veniva mai.
p. 175
- È morto? - gli gridò Margherita all'orecchio. L'uomo trasalì: la sua faccia ispida che ricordava quella del cinghiale espresse uno spavento infantile.
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- Da ieri non aprono più; non ho più veduto nessuno, - disse il mendicante, e si fece il segno della croce con una medaglia nera che teneva sul petto, - Sant'Elia e San Francesco lo aiutino... Bisogna chiamare il prete.
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La porta era fermata all'interno da tre grosse pietre. Giorgio guardava dal suo letto, coi grandi occhi spalancati pieni di angoscia. La porticina in fondo era aperta e vi si scorgeva un lembo di paesaggio grigio e verde dorato dal sole.
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Margherita correva già, spaventata, e in breve la sua figura bruna sparve in fondo al viottolo giallo di sole.